Made in Italy
All’interno del nostro piccolo laboratorio artigianale, mani esperte sottopongono il tessuto al finissaggio, tagliano, cuciono, sfrangiano, stirano e piegano.
Occhi attenti controllano per garantire un elevato livello qualitativo.
Così facendo in Arianna realizziamo con entusiasmo e passione un vero made in Italy di prima qualità. Prodotti esclusivi, raffinati e preziosi.
Un ciclo produttivo responsabile, sostenibile ed ecocompatibile, prodotti belli ma anche sicuri e anallergici.
Prodotti
Materiali impiegati:
Collezioni invernali
- 100% cashmere
- 70% cashmere 30% seta
- 100% vicuña
Collezioni Estive
- 100% lino
- 100% cotone giza
- 100% seta
Filati di prima qualità
Le Materie Prime delle nostre Collezioni
Le origini del cashmere sono talmente lontane nel tempo e lontane da noi geograficamente che fanno di questo filato pregiato quasi una leggenda. Un chè di misterioso e magico da indossare, capi dalle fibre soffici che evocano atmosfere rarefatte e abilità artigiane antiche, un fascino rurale senza tempo.
Averlo indosso è certamente per calore e morbidezza la scelta migliore in assoluto e anche un buon investimento, se trattati nel modo giusto i capi intessuti con questa fibra unica sono eterni.La fibra, è nata ed è stata diffusa in luoghi leggendari come la Mongolia, dove esistono allevamenti tramandati di padre in figlio, allevamenti di animali rari da dove viene ricavato il vello sublime.
Capre da fibra native del Kashmir e precisamente della parte occidentale dell’India, ma ormai queste capre vengono allevate anche in molti altri paesi come India, Tibet, Cina, Mongolia, Pakistan, Australia e anche in Italia da qualche tempo e con buoni risultati, per produrre fibra di altissima qualità e di straordinaria morbidezza e dalla peculiarità di una finezza pari a 18 microns che è l’unità di misura internazionale, a confronto con i valori di 24 microns della lana sul mercato ricavata da pecore Merinos, ottima e pregiata lana ma sempre più “plebea” se cosi si può dire del filato ricavato dall’amore per una casta di capre eletta.
Terre lontane e freddissime sono la loro casa di origine ma ormai le capre sono ambientate anche negli altri paesi. Le fibre sono raccolte nella stagione della muta per le capre: in primavera, infatti cambiano i loro tessuti, e comincia così la raccolta secondo tecniche antiche che garantiscano la certezza di conservare la qualità e l’unicità del tessuto. L’operazione più difficile dal quale ricavare le fibre è la pettinatura: attraverso quest’azione che è assolutamente innocua all’animale, è possibile ricavare il duvet, la parte soffice al di sotto del vello delle capre, senza però rovinare le fibre.
E’ possibile ricavare dai 300 ai 500 grammi di duvet da una capra, una quantità che durante la lavorazione si riduce durante la fase di raffinatura del nobile tessuto.La pettinatura viene eseguita con pettini speciali, identici agli antichi pettini usati in origine sui monti del Tibet, della Mongolia…Un cammino lungo faticoso, laborioso, un evolversi di tempi e di avvenimenti che hanno portato il cashmere fino a noi, che stringendoci in un morbido pullover nemmeno immaginiamo tutto il lavoro e l’amore che vi è dietro ogni singola fibra.
Dal 2014 Arianna produce preziose sciarpe in vicuña per soddisfare anche i gusti più sofisticati.
Il filato di vicuña è preziosissimo, più fine del cashmere (12,5 micron contro 14), leggerissimo e morbido al tatto.
Caratterizzata dal caldo colore dell’ambra, la lana vicuña è ricavata dall’omonimo camelide che vive sulle Ande del Perù trai 3.000 ed i 5.000 metri.
Nella civiltà Inca il vello della vicuña veniva definito la “fibra degli dei”, le vigogne erano considerate animali sacri ed i tessuti ricavati venivano indossati esclusivamente dai re.
La caccia sconsiderata ed il bracconaggio portò la specie sull’orlo dell’estinzione fino a quando, nel 1970, i paesi andini crearono riserve naturali ove proteggere questi animali a rischio. Grazie a questi interventi oggi si contano circa 180.000 esemplari di vicuñas.
Attualmente la commercializzazione delle vibre di vicuña può avvenire solo sotto il controllo del CITES (convenzione internazionale delle Nazioni Unite che regola il commercio delle specie minacciate di estinzione).
Oggi la vigogna è ancora considerata una specie minacciata, seppur a basso rischio. E’ tenuta in enormi allevamenti: qui gli animali vengono catturati ogni due anni per la tosatura e quindi rilasciati. Lo stato peruviano promuove lo sviluppo e la protezione di questo mammifero delegando alla Sociedad nacional de Criadores de vicuña il programma di conservazione e allevamento e garantendo alle comunità di campesinos il diritto a partecipare ai proventi che derivano da un utilizzo razionale della specie.
L’animale adulto produce una piccola quantità di lana: circa 250 grammi di fibra succida ogni due anni contro, per esempio, i 3-6 chilogrammi della pecora Merino e i 500 grammi della capra del Cashmere. Per ottenere un cappotto di vigogna è necessario utilizzare il vello di 25-30 animali adulti.
Per questa ragione il valore del manto, allo stato grezzo, raggiunge i 400 dollari al chilogrammo.
La produzione della seta – il termine tecnico è sericoltura – ha una lunga storia che inizia in Cina alcuni millenni prima di Cristo. Per secoli gli occidentali hanno saputo pochissimo di questo prezioso tessuto, ottenuto dai filamenti prodotti dai bachi, insetti di una specie particolare
La seta è un tessuto prodotto da bachi, ossia larve di una particolare specie di farfalle, il Bombyx mori. I bachi di questa specie secernono la seta per costruire attorno a sé un bozzolo al cui interno subiscono la metamorfosi per diventare farfalla. Fin da tempi molto antichi, in Oriente, gli uomini hanno imparato ad allevare questi insetti per ottenere un tessuto di grande qualità, appunto la seta.
Secondo la tradizione cinese – è dalla Cina che proviene la tecnica della lavorazione della seta – sarebbe stata Hsi Ling Shih, moglie di un imperatore, a introdurre l’allevamento del baco da seta intorno al 3000 a.C. Tuttavia, alcuni recenti ritrovamenti archeologici 2 attrezzi per la lavorazione della seta, frammenti di tessuto e bozzoli fossili 2 risalenti ad almeno 6.000 anni fa fanno pensare che nella regione cinese vicino al Fiume Azzurro l’origine della sericoltura sia ancora più antica. Nel corso dei millenni la selezione operata dagli allevatori ha portato a fare del Bombyx mori una specie il cui unico scopo sembra essere la produzione di seta: la farfalla è cieca e incapace di volare, ed è in grado solo di deporre uova per dar luogo a un’altra generazione di bachi.
La produzione di seta è un processo molto delicato; richiede grande attenzione nell’allevamento dei bachi, che vengono nutriti con foglie di gelso e tenuti in particolari condizioni di umidità e temperatura. Quando i bachi hanno raggiunto un’adeguata fase del loro sviluppo, per alcuni giorni producono i lunghi filamenti con i quali costruiscono il bozzolo. L’allevatore, a quel punto, uccide i bachi, di solito con un getto di vapore, dopodiché i bozzoli sono immersi in acqua per ammorbidire la seta, che si libera in sottili filamenti.
Il tessuto che si ottiene dal filato è leggero, bello da vedere, è molto resistente e mantiene il caldo in inverno e il fresco in estate. Il suo elevato prezzo è dovuto alla complessità e agli elevati costi di produzione.
In Cina, la seta rimase per un certo tempo un privilegio degli imperatori, i soli ai quali era permesso indossare abiti confezionati con questo prezioso materiale. In seguito, però, l’uso di questo tessuto si diffuse in tutte le classi sociali e la sua produzione aumentò così tanto che i Cinesi iniziarono a esportare tale tessuto verso Occidente.
La tecnica della produzione della seta rimase a lungo un segreto per gli occidentali, che però conoscevano tessuti di questo materiale arrivati lungo le rotte commerciali già in epoca molto antica. Abiti di seta sono stati ritrovati in tombe egizie, e si sa che vesti di seta erano indossate dai membri delle più ricche famiglie romane. L’itinerario che portava dall’Estremo Oriente fino ai grandi imperi del Medio Oriente, dell’Europa meridionale e dell’Egitto è stato chiamato dagli storici via della Seta, proprio perché era il prezioso tessuto la merce che più di ogni altra viaggiava lungo queste strade. Intorno al 6° secolo d.C. alcuni monaci portarono a Bisanzio, capitale dell’Impero Romano d’Oriente, la sericoltura, ma solo nel 13° secolo anche l’Europa, e in particolare l’Italia, sviluppò una propria produzione di seta. L’Italia rimase a lungo tempo la nazione numero uno per la produzione di seta in Europa.
Il lino è la più antica fra le fibre vegetali. Si ricava dal fusto del LINUM USITATISSIMUM: pianta dalla quale a seguito della macerazione delle fibre è ricavato il filato.
Il lino era conosciuto nell’Antico Egitto fin dal V millennio a.C., fu coltivato da Egizi, Babilonesi, Fenici e altri popoli del Medio Oriente che ne diffusero l’uso a Greci e Romani. Nel Medioevo le Fiandre, con il loro clima umido, divennero uno dei principale centri di produzione. Il dominio del lino rimase incontrastato fino all’inizio dell’Ottocento quando il cotone, con l’introduzione di telai che ne facilitarono la filatura, da prodotto pregiatissimo destinato alla nobiltà divenne un prodotto di massa.
Lo stelo di questa pianta raggiunge un altezza di circa un metro e termina con un fiore (“fior di lino”), che ha vita breve, è molto bello e è di colore blu e rosa.
Da 1000 kg di lino lavorato si ottengono circa:
- 150 kg di fibre lunghe
- 40 kg di fibre corte
- 110 kg di semi di lino
Dalle fibre lunghe ricavate si ottiene la qualità superiore del lino denominata lungo tiglio, mentre dalle fibre corte si ottiene la stoppa di lino di qualità e resistenza inferiore. Infine dai semi di lino si ottiene, tramite un procedimento chimico, il ramie.
Il ciclo di raccolto del lino è corto: 100 giorni fra la semina e il raccolto (marzo-luglio). Per la fine di giugno la pianta fiorisce anche se per un giorno soltanto.
Una volta raccolto ed essiccato il lino viene sottoposto al processo di macerazione: le fibre vengono poi separate dalla parte legnosa. Il lino viene quindi battuto così si ammorbidisce e poi viene pettinato. Terminata la cardatura, il mazzetto viene annodato e il filo ottenuto risulta lungo circa cm. 50
La filatura prevede una torsione per legare insieme le fibre che diventeranno matassa. Questa viene poi bollita. Infine si passa alla tessitura
Il Giza è un cotone egiziano di alta qualità. Viene coltivato esclusivamente in una piccola zona ad est del delta del Nilo, dove le particolari condizioni climatiche, con basse escursioni termiche, piogge abbondanti tra ottobre ed aprile e alta umidità dell’aria, consentono la crescita di un cotone con fibre uniformi e regolari, tali da renderlo tra i più rinomati al mondo.
La raccolta dei fiocchi avviene manualmente in diverse fasi, per consentire il prelievo solo dei fiocchi al giusto grado di maturazione.
Ciò che rende questo cotone eccezionale è la finezza delle fibre (già di notevole lunghezza, 36 mm) misurata dal micronaire, dal valore medio di 2,95. La resistenza rimane in ogni caso elevata, vicina a quella dei cotoni meno fini.
Il connubio di resistenza e finezza consente di ottenere i migliori filati al mondo in quanto a parità di titolo del filato, cioè di diametro, è possibile unire in un filo un numero maggiore di fibre elementari.
I tessuti ricavati dal cotone Giza risultano di conseguenza estremamente fini, resistenti, con una mano soffice e setosa, tali da renderli ideali per la produzione di camicie di alta qualità.